Chiesa di San Prisco PDF Stampa E-mail
sabato 31 gennaio 2009

 

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La chiesa fu edificata presso un'abbazia benedettina (né della Congregazione cassinese né di quella verginiana, come invece da più parti si è sostenuto), nella quale si conservava il corpo di San Prisco, primo vescovo nocerino (prima venerato nella chiesa di San Filippo in macerie), cui l'edificio è dedicato.

La trasformazione in Cattedrale

La sede della diocesi nocerina, ripristinata nel 1386 dopo un’interruzione secolare, venne ubicata in una località fuori degli insediamenti urbani medievali delle due Nocera che prese il nome di Vescovado.

Tuttavia stando a Teodorico di Niem (presente a Nocera durante la cattività di papa Urbano VI):

 « presso il Borgo, si scorge nei campi la chiesa di San Prisco, che fu un tempo cattedrale dove si conservano le reliquie del profeta Abacuc »
 

Quindi la chiesa sarebbe stata già cattedrale prima del 1386, quando fu ricostituita come tale.

La storia  

Dal 1838 è dedicata a San Marco Evangelista.

L’attuale cattedrale risale agli inizi del Seicento e fu edificata a cura del vescovo senese Simone Lunadoro (16021610).

Progettata a tre navate sullo stile della chiesa metropolitana di Siena (come si può leggere nell'epigrafe posta sulla lapide murata nella navata centrale, sul lato destro della Cattedrale), si presenta oggi non dissimile, almeno nella struttura essenziale, da quella descritta dal Lunadoro (salvaguardando con cura l’altare che conteneva, secondo una tradizione secolare, le ossa del profeta biblico Giona). Nel 1724, si apportarono altre modifiche all'interno della Cattedrale: si restaurò e si decorò il tetto. Fu consacrata il 19 novembre di quello stesso anno, come ci tramanda anche la lapide murata sul pilastro dell'arco, a sinistra entrando nella Chiesa.

Nel 1764, il vescovo Gherardo Volpe diede luogo ad un profondo rinnovamento della basilica priscana, conferendo ai capomastri Andrea e Onofrio Salvo l'incarico di eseguire le rifattiones progettate dall'architetto partenopeo Pietro Cimafonte, coadiuvato dal fratello Salvatore.

I suddetti artefici avevano dato prova della loro valentia nel cantiere del seminario diocesano, riedificandolo dal 1760 al 1771 con l'intervento degli stuccatori Andrea Parascandolo e Salvatore Conforto, secondo un progetto steso nel 1757.

Il campanile

Della torre campanaria edificata dal vescovo Giuliano de Angrisanis nel 1433, situata probabilmente a sinistra del presbiterio, attualmente non restano che isolati brani murari, inglobati nelle strutture verticali della cattedrale.

Danneggiata dai due eventi sismici del 1688 e del 1694, l'ultimo dei quali "fu così violento che buttò giù la cima del campanile con gli ultimi due piani", fu sostenuta con l'ausilio di catene e nuova muratura per recuperare l'uso delle campane. Ma tre anni dopo "l'inclinarsi del campanile, che pende" costrinse il vescovo ad intervenire sulla facciata della cattedrale.

Finché, nel quarto decennio del XVIII secolo, a causa dell'estesa fatiscenza della fabbrica quattrocentesca, il vescovo Niccolò de Dominicis decise di riedificarla nel sito attuale. Finanziato anche dalla Confraternita del Rosario, che contribuì con ben 2050 ducati, il nuovo campanile fu realizzato "in conformità al modello di legname fattone fare dal R.D. Francesco Solimeno", conservato, a quel tempo, nell'oratorio della congrega.

L'opera costituisce una delle rare realizzazioni architettoniche di Francesco Solimena, che vi impresse il segno tangibile delle sue doti di progettista, testimoniate anche dalle imprese napoletane della chiesa di S. Nicola alla Carità, dal portale di S. Giuseppe dei Vecchi e dal suo palazzo a S. Potito.

Principiato nel 1730, le fondamenta del campanile nocerino furono terminate nel 1731, quando, vinta la concorrenza del piperniere Cesare Salvo di Roccapiemonte, la realizzazione del manufatto fu affidata al lapicida locale Leonardo Petrosino.

 

 

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Patrimonio artistico

Nel 1715 fu ampliato il Cappellone del Santissimo Rosario nella cui cupola Angelo Solimena, nel 1671, aveva raffigurato la Gloria del Paradiso.

Anche Francesco Solimena vi aveva lasciato, nel 1712, l’impronta con una tela su cui si ritrae San Marco, tondo che oggi si può ammirare sulla parete centrale del presbiterio.

 

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