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Nocera. Ricordato la figura di Domenico Rea PDF Stampa E-mail
domenica 25 gennaio 2015

e stata deposta una corona di fiori presso il cimitero di Nocera Inferiore sulla tomba del grande scrittore. Ad omaggiarlo, l’Osservatorio Politiche Giovanili, il primo cittadino Manlio Torquato e le associazioni del territorio. La figura di Domenica Rea è innegabilmente legata alla terra di Nocera, verso la quale nutrì sentimenti contraddittori, e dalla quale fu capace di estrapolare storie e personaggi indimenticabili che hanno portato il “nocerino” direttamente nella grande letteratura italiana. “Ritratto di Maggio”, “Quel che vide Cummeo” e soprattutto “Ninfa Plebea”, il libro che lo portò a vincere nel 1993 il Premio Strega, sono alcuni degli esempi letterari che mettono in evidenza l’amore di Rea verso un mondo antico, proprio dell’Agro, fatto di tradizioni, miseria, gioia di vita, dissoltosi a partire dal secondo dopoguerra. Preso in questo modo, il lavoro di Domenico Rea segue, se non anticipa per certi versi, il percorso di Pier Paolo Pasolini con le sue borgate romane in opere come “Ragazzi di vita”. La scrittura di Rea è densamente pregna dei vicoli, delle strade, degli odori, delle ingiustizie, della passione carnale e materica che rappresentavano un’impronta indelebile nella cultura nocerina del tempo. A confermarlo, una giovane studiosa, Federica Catalano, che ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università di Cassino proprio sulla figura del Rea.

«La sua infanzia a Nocera – racconta Federica – ebbe da subito un impatto così forte nella sua immaginazione, che ne nacque la costruzione di un mondo incantato, quasi sempre presente nelle sue opere. Durante l’infanzia, a Nocera, aveva vissuto in ambienti e incontrato personaggi che formavano la realtà sociale dell’epoca. L’impatto visivo di quel mondo e di quelle storie, tutto ciò che aveva vissuto nell’infanzia nocerina lo riversò in Nofi e Nofi non è altro che il calco di Nocera Inferiore». Il mondo letterario del celebre scrittore, effettivamente, continuò a manifestare incursioni nel e sul contesto sociale nocerino, come per le opere “L’altra faccia”, “Il fondaco nudo” e tanti racconti usciti sui giornali negli anni ’50, mai più ristampati. Nell’esperienza infantile e narrativa del Rea, risulta determinante l’immagine di sua madre, Lucia Scermino. «La sua esperienza con la madre fu importantissima - continua la ricercatrice Federica Catalano - Lucia era, sul territorio, una levatrice. Fu lei a condurlo nelle case contadine. Domenico Rea ricordava spesso i suoi cammini particolari verso queste case, le cortine, lungo i sassi, i vicoli pieni di fango. C’è un aneddoto potente che sintetizza tutto ciò. Un giorno sua madre lo aveva lasciato giocare in un cortile mentre lei si apprestava a far partorire una donna in casa. Rea, donato da innata curiosità, si arrampicò e spiò l’evento miracoloso del parto. Fu un grande mistero svelato, la scoperta di come nascevano i bambini». A Nocera Inferiore, Rea visse un’infanzia libera e incontrò interlocutori dell’ambiente culturale come il frate francescano Angelo Iovino, lo psichiatra Marco Levi Bianchini, amico di Sigmund Freud, Luigi Grosso, uno scultore anarchico confinato dal regime fascista.